Identificazione precisa del degrado microstrutturale nel calcestruzzo marino italiano attraverso l’analisi termica avanzata di Tier 2

Il calcestruzzo esposto in contesti marini italiani è soggetto a degradazioni complesse, spesso iniziando con processi microstrutturali invisibili all’occhio nudo, come la microfessurazione, la porosità indotta dall’ambiente salino e l’attacco chimico da cloruri. L’analisi termica, in particolare la termografia a infrarossi avanzata, offre uno strumento potente per rilevare tali alterazioni prima che si traducano in cedimenti strutturali irreversibili. Questo approfondimento di livello Tier 2 analizza con dettaglio metodologie esperte, processi operativi precisi e indicatori azionabili per diagnosticare il degrado nel calcestruzzo marino, integrando dati termografici con parametri ambientali e modelli predittivi.

Principi della termografia a infrarossi e microstrutture nel calcestruzzo esposto

La termografia a infrarossi (IR) si basa sulla misura della radiazione termica emessa dalla superficie, rivelando variazioni di temperatura correlate a differenze microstrutturali. Nel calcestruzzo marino, la presenza di microfessure, porosità elevata o aggregati degradati modifica la conduzione e la diffusività termica, generando firme termiche caratteristiche. La diffusività termica (α) = k / (ρ·cₚ) determina la velocità con cui il calore si propaga: valori ridotti indicano porosità o microfessurazione interna, visibili come zone di dissipazione anomala nella curva TCT (Thermal Curve Time).
A differenza della termografia passiva, che sfrutta il calore ambientale, la tecnica attiva impiega sorgenti controllate (flash termico, lampade IR pulsate) per stimolare risposte termiche profonde, migliorando la risoluzione spaziale a <5 mm e la sensibilità termica ≤50 mK, fondamentale per identificare difetti sub-superficiali.
_Esempio pratico:_ In un pilone portuale di Venezia esposto a spruzzi salini, la termografia a impulsi ha rivelato una zona con diffusività termica del 32% rispetto al valore di riferimento (α=1.2×10⁻⁶ m²/s → α=3.7×10⁻⁷ m²/s), indicativa di microfessurazione localizzata.

Caratterizzazione del campione e metodologia di acquisizione termografica di precisione

La selezione del campione è cruciale: devono essere scelte sezioni rappresentative di strutture esposte a climi marini, con documentazione georeferenziata e fotografica per contestualizzare i dati. La caratterizzazione deve includere test di umidità residua (per evitare confusione con degrado) e controllo della temperatura ambiente locale per correggere le acquisizioni.
La fase attiva prevede l’uso di sorgenti termiche calibrate: il flash termico, con impulsi brevi (100–300 ms), permette di eccitare rapidamente la superficie, mentre la termografia passiva monitora la dissipazione naturale per cicli giornalieri o stagionali. La sincronizzazione con camere IR ad alta frequenza di campionamento (≥100 Hz) consente di catturare gradienti termici dinamici con precisione millimetrica.
_Schema operativo:_

  • Fase 1: Pulizia meccanica con spazzole morbide e rimozione di sali marini e polveri; controllo umidità con igrometro a fibra ottica.
  • Fase 2: Acquisizione con camera IR ad alta risoluzione (≥640×512 pixel), risoluzione spaziale ≤5 mm, sensibilità ≤50 mK; registrazione TCT su 4–8 cicli termici giornalieri.
  • Fase 3: Post-elaborazione con correzione di artefatti (riflessi, irraggiamento esterno) e applicazione di filtri spaziali (salta-mediana) e radiometrica per conversione in temperatura assoluta.
  • _Esempio tecnico:_ Una struttura molo a Genova ha mostrato una dispersione TCT di ±3,2°C tra cicli estivi e invernali, correlata a una perdita progressiva di coesione legata a cicli gelo-disgelo e intrusione salina.

    Identificazione del degrado microstrutturale tramite pattern termici anomali

    L’analisi quantitativa delle curve TCT rivela deviazioni significative rispetto a materiali sani. Zone con diffusività termica ridotta (α < 8×10⁻⁷ m²/s) indicano porosità interna elevata o microfessurazioni profonde, spesso correlate a zone di attacco chimico da cloruri. La presenza di cloruri (CL) può essere dedotta indirettamente da una conduzione termica inferiore al previsto: i cloruri alterano la matrice cementizia, aumentando la diffusività termica residua ma riducendo la stabilità strutturale.
    Un approccio innovativo utilizza modelli inversi termici: partendo da dati TCT, si ricostruisce la profondità e dimensione di cavità interne, stimando la percentuale di vuoto e la distribuzione spaziale del degrado. Questo permette di identificare difetti invisibili a occhio nudo, con un livello di precisione del 90% rispetto a tecniche distruttive.
    _Tabella 1: Confronto tra TCT di calcestruzzo sano e degradato in struttura marina_

    Parametro Calcestruzzo sano Calcestruzzo degradato
    Diffusività termica (α) 1.4×10⁻⁶ m²/s 3.7×10⁻⁷ m²/s
    Temperatura superficiale (mK) ±1.8 ±6.4
    Profondità fessura stimata (mm) 0.2 1.5
    Conduzione termica effettiva (W/m·K) 1.85 1.52

    Errori frequenti e soluzioni pratiche nell’uso della termografia su calcestruzzo marino

    Uno degli errori più diffusi è la confusione tra umidità superficiale e degrado strutturale: l’acqua residua può causare anomalie termiche simili a cavità interne. Questo errore si evita con test di assorbimento in laboratorio (ISO 17025), che misurano la risposta termica post-umidificazione, e analisi temporali (TCT a ciclo di 1 ora) per distinguere la perdita di calore superficiale da quella profonda.
    Un’altra fonte critica di errore è l’esposizione a sorgenti termiche esterne, come il sole diretto o traffico veicolare, che alterano la TCT. La mitigazione richiede acquisizioni notturne o durante periodi di calma termica, con schermatura parziale per ridurre il calore radiante.
    _Esempio pratico:_ A Venezia, un’indagine effettuata in giornata estiva ha rivelato falsi positivi in due punti: solo con analisi TCT a ciclo notturno si è corretto lo allarme, rivelando umidità residua superficiale.
    _Tavola 1: Checklist per prevenire errori nella termografia marina_

    Verifica pre-acquisizione
    • Pulizia completa e controllo umidità (hygrometro a fibra ottica)
    • Documentazione georeferenziata e fotografica
    • Calibrazione termocamera con target radiometrico certificato
    • Sintesi climatica locale per correggere dati TCT
    Durante l’acquisizione
    • Utilizzo di flash termico con impulsi brevi e sincronizzazione camera IR >100 Hz
    • Registrazione TCT continua per 8 cicli giornalieri (4 estivi, 4 invernali)
    • Filtraggio post-acquisizione: rimozione artefatti da riflessi e irraggiamento esterno
    Post-elaborazione

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